Ci si vede presso la casa del guru, una domenica mattina dove non esistono nuvole ma solo cieli azzurri che spaziano verso le spiagge ancora non popolate. Marzo a Genova , a volte, è così. Si parte da San Fruttuoso verso l'aspra collina dei Camaldoli, con salite che sfiorano il 15%. Un perito ottico chiamato da molti "nonnino" , mito genovese degli anni ottanta. se lo superavi in gara entravi nell'èlite , nel cerchio magico dei "buoni". Eccolo, Vittorio Medica, a dispensare consigli astropodistici: "Tu, dello Scorpione, devi essere più deciso,un pò come me, gran testa di c....dell'Ariete". Ed eccomi , scorpione, geologo che campa di lavori precari e di supplenze di Matematica e Scienze , poi ecco il professore di Inglese Clive Presst, che rispetta il canone di anglosassone per metà intellettuale e per metà ultras del Leeds, dei bianchi autori di una memorabile finale a Salonicco di Coppa delle Coppe con il Milan, finita quasi in rissa. Forte sul piano, con 30'30" sui diecimila, doveva però migliorarsi in salita: "Con i tuoi occhi azzurri e i tratti marcati mi ricordi gli scozzesi", mi dice ansimando. Si sono aggiunti il magrissimo Massimo Cugnasco da Coronata, il "bianco di Coronata", tanto è pallido e apparentemente gracile, e lo stoico Luciano Morana dei Vigili del fuoco. Dopo circa 25 minuti siamo alle pendici del Forte Ratti, una montagna sventrata a circa 400 metri sul livello del mare. Le rocce calcaree usate come pietre da cemento formano una pietraia immensa. Il panorama è lunare. Alla base, parte uno zig zag con tornanti e redeunti (reminescenze classiche) che raggiunge la vetta dopo circa ottocento metri di Golgota. Parte il nonnino che ci guida in dieci ripetute. IL segreto è rifiatare un pochino al culmine dei versanti, e ripartire con decisione". Medica è esaltato, io tengo botta soffrendo con Morana, Presst è in evidente difficoltà e ci tocca aspettarlo. La visione da lassù , almeno, è consolatoria. Tutta la città ai nostri piedi, con lo sguardo che va verso Voltri, Savona."Superb", esclama Clive.Innamorato del vino italiano e del panorama ligure. Dieci volte sentieri che facevo a volte da solo, partendo da Quezzi, dove sono nato, quartiere rovinato dalla speculazione edilizia degli anni sessanta. Cosa nascondeva tutto questo? Portava alla luce la voglia di scappare da una realtà fatta di cemento e traffico. Ci bastava poco, ci bastavano anche i detriti di una vecchia cava e le mura di un forte.
VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE.Estate 1986. Anzi, agosto 1986. Una domenica. Da Brignole a Pisa. Da Pisa a Firenze. Da Firenze a Arezzo . Da Arezzo a Orte, dove riusciamo a mangiare un'ottima amatriciana , come afferma l'ingegner Lanfranco Marasso, ideatore di una trasferta che sembra quasi un viaggio di spie che facciano perdere le loro tracce. Il tourbillon fra locali e intercity non finisce qui: gli stoici mezzi maratoneti che hanno come mission il Campionato italiano a Leonessa di Rieti cambiano ancora: da Orte a Terni, città dell'acciaio e delle "fere rossoverdi", quindi da Terni a Rieti. Siamo sulla piazza davanti alla Stazione ferroviaria reatina. Inizio a manifestare segnali di insofferenza. E' un mezzogiorno anonimo e assolato. La gara parte alle 15 da Leonessa. L'ing. Marasso va alla caccia di un taxi. "Ma ce dovete proprio annà?", dice il conducente. L'imperativo kantiano è convincente. Almeno un'ora di tornanti e curve che portano verso la montagna laziale. Ed eccoci sulla piazza principale di questo paesino medievale (in rima, dài). C'è solo il tempo di entrare in un bar e cambiarsi nel cessetto. Si parte da qui. Non c'è neanche il tempo di lamentarsi alla genovese per il destino cinico e baro che ha probabilmente creato qualcosa di anomalo nella testa dell'ideatore della trasferta, perchè, alla spicciolata, come poliziotti in borghese (citazione tratta dal libro "Crampi" di Marco Lodoli), arrivano Gianni Poli, Salvatore Bettiol, Davide Bergamini. La crema della crema. Lo speaker sembra una "vox che parla nel deserto". Marco Marchei scatta qualche foto. Io mi sdraierei su un'amaca. Si parte in discesa con un ovvio 2'58" al primo chilometro. Un sole feroce dardeggia sulle teste. Sarò passato in 9'30" al primo tremila, penso di essere nei primi trenta, ma al decimo (31'50") il motore batte in testa. Iniziano a arrivare da dietro. Gente assiepata sul percorso ce n'è. Adesso mi inizia a ballare la vista. No, non è giornata. Tocca fermarmi amaramente. Non è mai bello ritirarsi, ma non ce la faccio. Mi trascino, un pò a piedi , un pò corricchiando, verso il traguardo. Ora, però, devo trovare un passaggio per ritornare a Leonessa. Mi saluta il grande Gianni, alias Gianni Poli. "Dài, ti diamo un passaggio". Meno male. Non è di buon umore. "Secondo, secondo!Troppo caldo!". Poli sembra quasi infuriato. Davide Bergamini non dice niente. Io mi sento in soggezione. Un automobilista ha la sfortuna di fare una manovra azzardata. Inutile dire che Gianni reagisce male (è un eufemismo). Saprò poi che ha vinto Salvatore Bettiol. In men che non si dica sono adesso sulla piazza di Leonessa di Rieti. Abbacchiato. Sarebbe facile prendersela con Lanfranco. Ma non ho voglia di parlare.